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Cheratosi palmo-plantare: quando un inestetismo può essere spia di una potenziale morte improvvisa giovanile


Scritto da Luigino Pasquino

 

Cheratosi palmo-plantare: quando un inestetismo può essere spia di una potenziale morte improvvisa giovanile

La cheratosi può costituire una lesione elementare primitiva (forma traumatica), o presentarsi come cheratosi palmo-plantari (forme congenite), che possono essere definite come: “un gruppo di disordini legati ad una mutazione e/o errata installazione del programma finalizzato alla produzione delle cheratine”. Queste ultime sono proteine essenziali nella costruzione dei “mattoncini” che formano l’epidermide, nella cheratosi palmo-plantare si verifica la perdita della capacità dei singoli mattoncini a “cementare” tra di loro.

Le cheratodermie palmo-plantari di natura ereditaria si possono presentare come patologia isolata oppure far parte di un quadro più complesso, che coinvolge più organi e apparati, come avviene, per esempio, nella malattia di Naxos: condizione clinica che si caratterizza per la contemporanea presenza di cardiopatia aritmogena del ventricolo destro associata ad interessamento cutaneo, di tipo cheratosico, palmo-plantare e capelli ricci e lanosi.

La Cardiomiopatia Aritmogena del Ventricolo Destro (CAVD) è stata riconosciuta come una delle maggiori condizioni morbose cardiache a rischio di morte improvvisa nei giovani ed è nota per la comparsa di tachiaritmie ad origine dal ventricolo destro, come conseguenza del danno cardiomiocitario, per necrosi o apoptosi, e successiva sostituzione fibro-adiposa. È una malattia eredo-familiare con carattere autosomico-dominante a penetranza incompleta.

In merito a questa patologia un passo importante è stato compiuto nel 1988, anno in cui si è dimostrato il legame tra miocardico e cute, ovvero le similitudini citologiche tra cardiomiociti e cellule epidermiche. La dimostrazione è stata supportata dalla identificazione di sette geni-malattia, che codificano per proteine desmosomiali, le quali proteine hanno una struttura simile nelle giunzioni intercellulari dei cardiomiociti e delle cellule epiteliali epidermiche.

I geni identificati possono essere suddivisi in tre gruppi distinti:

il gene che codifica per il recettore rianodinico (RyR2)
il gene che codifica per il fattore trasformante (TGF beta3)
cinque geni che codificano per le proteine desmosomiali:
a) placofillina-2, b) desmoplakina, c) desmogleina-2, d) desmocollina-2, e) placoglobina.

In sintesi la cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro, così come la cheratosi palmo-plantare, sono alla base della malattia di Naxos e possono essere considerate “malattie dei desmosomi”, la qual cosa spiegherebbe un percorso etiopatogenetico comune.

A differenza delle cellule muscolari scheletriche, che si fondono a formare sincizi multinucleati, le cellule epiteliali epidermiche, così come i cardiomiociti, sono cellule mononucleate tenute assieme da strutture specializzate dette dischi intercalari, questi hanno il delicato compito di mediare l’accoppiamento elettro-meccanico e sono formati da tre tipi di connessione cellula-cellula:

Gap junctions (responsabile dell’accoppiamento elettrico);
Adherens junctions (responsabile dell’accoppiamento meccanico);
Desmosomi (responsabili dell’accoppiamento meccanico).
Tutti i riferimenti sin qui considerati, in merito agli elementi che entrano in gioco nel fisiologico meccanismo dell’accoppiamento elettro-meccanico tra cellula e cellula, riguardante i cardiomiociti e le cellule epiteliali epidermiche, sono valsi a ribadire il concetto secondo il quale, ad oggi, la cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro così come la cheratosi palmo-plantare, si presentano con un percorso eziopatogenetico comune, di tipo genetico.

La mutazione, composta da due coppie di basi mancanti, è stata mappata sul cromosoma 17q21, gene che codifica per la proteina placoglobina che agisce troncando il C-terminale della placoglobina stessa, con progressivo danneggiamento della funzione dei desmosomi, rendendo tali strutture più vulnerabili allo stress meccanico, il quale provocherebbe il distacco e la morte cellulare. Il danno epidermico e miocardico sarebbe spesso accompagnato da un processo infiammatorio, al quale seguirebbe la riparazione di tipo, prevalentemente, fibro-adiposa. Il rimodellamento delle funzioni gap, con conseguente alterato accoppiamento elettrico, potrebbe essere il primo risultato del difetto, geneticamente determinato, in tema di adesione cellulare. Ciò potrebbe stimolare lo sviluppo di un substrato miocardico altamente aritmogeno.

La malattia di Naxos è stata descritta per la prime volta da Protonotarios et al. nel 1986, in famiglie provenienti dall’isola greca di Naxos.

La tipica triade che la caratterizza è rappresentata da:

– cheratosi palmo-plantare;

– displasia aritmogena del ventricolo destro;

– capelli d’aspetto “ricci e lanosi”.

Colpisce maggiormente i maschi con un rapporto 3/1.

Per la diagnosi, a parte le manifestazioni cliniche, ci si avvale di esami non invasivi quali: monitoraggio ECG sec. Holter, test ergometrico, ecocardiocolordoppler, risonanza magnetica nucleare. Spesso, tuttavia, per una corretta stratificazione del rischio si rendono necessari esami invasivi, quali: biopsia miocardica, angiografia ventricolare, studio elettrofisiologico.

Indipendentemente dalla eziologia il trattamento sintomatico delle cheratodermie deve essere il più tempestivo possibile, per ridurre la ipercheratosi che, con la sua tendenza alle ragadi, è causa sia di facili infezioni, batteriche, virali e micotiche, che di difficoltà nell’articolazione delle mani e dei piedi. Si usano, tendenzialmente, preparazioni grasse contenenti potenti cheratolitici (come ad es. le creme all’urea al 20% o al 30%) in occlusione, in modo da facilitare il decapaggio dell’ipercheratosi ammollita. Si passerà poi a formulazioni idratanti, con minor potere cheratolitico, a base ancora di urea (10%) o di acidi alfa-idrossilati (acido lattico, acido pirrolidone-carbossilico) prima del trattamento, ove possibile, eziologicamente specifico. Le creme idratanti possono contenere anche acido salicilico, vitamina D o retinoidi. È indicato, inoltre, l’uso di creme antibiotiche, antisettiche ed in qualche caso tentativi terapeutici con 5-fluorouracile (1%-5%).

In ogni caso le principali attenzioni devono essere riservate alla prevenzione della morte cardiaca improvvisa. Sebbene non vi sia modo, al momento, di curare la displasia aritmogena, le sue manifestazioni aritmiche e funzionali possono essere tenute sotto controllo. In tal senso le terapie disponibili includono: farmaci antiaritmici, ablazione con radiofrequenza, impianto di un defibrillatore automatico, scelta che dipende soprattutto dalla stratificazione del rischio di morte improvvisa.

Dalla genetica nascono e si alimentano le speranze per il futuro, anche mediante uno screening genetico delle famiglie dei pazienti con gene malato, eventualmente con una semplice biopsia cutanea e non endocardica, ed è proprio in questo aspetto che si palesa l’intimo rapporto tra la medicina estetica, primo momento di un iter diagnostico che sarebbe potuto rimanere misconosciuto, e la medicina che si occupa di patologie potenzialmente devastanti.

Se un intervento di medicina estetica, richiesto per la risoluzione di un inestetismo, magari in un adolescente, ci porta a far diagnosi di una cardiopatia potenzialmente letale, vuol dire che il nostro impegno, quali medici estetici, è andato ben oltre il disagio estetico.


 

Luigi Pasquino M.D.

Specialista in Medicina Aeronautica e Spaziale – Cardiologo – Medico Estetico

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